Dicono che la vita ti passi davanti agli occhi quando sei prossimo alla morte, ma per me non è stato così.
Mi sono trovato quantomeno in un paio di occasioni a rischiare la vita, ma in nessuna di queste è stata la mia vita passata a farsi viva. Nessun ricordo dolce o amaro, nessuna esperienza trascendentale, dal primo vagito all'ultimo spiro.
Ero fottutamente terrorizzato e quella sensazione era troppo reale e troppo soffocante per permettere alla mia mente di avere quel lieto fine tanto proclamato ed anticipato dalle leggende.
No. Non è la prossimità alla morte a permetterti di rivedere la vita passata.
Fu l'entrare in quella stanza ad avermi preso a sberle dritto in faccia.
Già dalla soglia si notava l'amore protratto da Max ed Arthur verso il piccolo John, una vera e propria cameretta di quella che si vede nei film o nelle riviste d'arredamento. Un trenino era per terra con i vagoni sparsi e disordinati di vari colori, come se ognuno di essi avesse una funzione specifica all'interno di una qualche avventura pilotata dalla fantasia, il cesto dei giocattoli era posto in un angolo, largo e basso per permettere al piccolo cucciolo d'uomo di metterci mano agevolmente, e conteneva ogni sorta di diavoleria adatta per stimolare il gioco ed accattivare l'interesse del bambino per le forme ed i colori più disparati.
Ed al centro della stanza troneggiava lui, il lettino azzurro pieno di una miriade di pupazzi colorati e morbidi, pronti ad accompagnare il pargolo nel mondo dei sogni, come se la quantità di orsacchiotti e papere misurassero il desiderio di protezione dei genitori stessi.
"è graziosa vero?"
Rimasi frastornato nel vedere quell'immagine.
Nel constatare come una camera fosse in grado di rappresentare l'amore di un genitore.
Forse sarebbe stato tale anche se non avessero avuto i soldi per permettersi tutto quell'insieme di cose, giochi ed oggetti vari. Lo era. Era la rappresentazione del loro amore.
"Tuo figlio è fortunato."
Lo è davvero.
Suo figlio era amato, era seguito, era al centro della loro attenzione, e da loro guidato verso il futuro.
Per un attimo la parte lucida e logica di me venne meno, perse i colpi e fu in quel momento che rividi la mia vita davanti agli occhi.
Stretto con i gemelli a dormire in una stanza sola per lasciare le altre a Zach ed ai genitori inesistenti, vestiti e scarpe di seconda mano, per non parlare di giocattoli difficili da mantenere sani ed usabili. Urla e litigi all'ordine del giorno per poi essere lasciati in balia di se stessi.
La fuga per le strade del South.
La vita in mezzo ai senzatetto.
Il ritorno a casa ed i tafferugli a scuola.
Le lotte nel cortile.
Le ossa rotte ed i lividi sul corpo.
L'arresto.
Il corso di giornalismo e lo psicologo comunale.
La mutazione.
La scuola.
Max.
Le missioni.
Le investigazioni.
Il Doubter.
Ambrose.
"Mi sganci le sbarre."
Lo guardai senza prestare attenzione. Io e Max siamo stati simili ed opposti un sacco di volte, ma mai tanto differenti quanto in quel momento. Aveva un marito, una casa, responsabilità ed amore ed ora un figlio.
Era cambiato.
Era cresciuto.
"Le sbarre?"
"Si, scusa."
"Si, scusa."
Sarei arrivato a quel punto anche io?
Sarei riuscito a dedicare tanto amore e devozione verso qualcuno di così piccolo ed indifeso?
Non sono fatto per fare il genitore, l'ho sempre pensato, l'ho sempre creduto. Ma se lo fossi?
"Stai per sposarti, no? Magari tra qualche anno, chi lo sa..."
"Sarei un padre terribile."
"Non fare pronostici dei quali non puoi essere certo. John ti adora."
Potrei davvero vivere la mia vita per qualcuno tanto piccolo, per crescerlo e renderlo un uomo in un mondo dove l'odio viene servito come acqua corrente, ed il pericolo è dietro l'angolo?
Riuscirei a prendermi tale responsabilità?
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